giovedì 26 gennaio 2012

Recensione: Memorie di un folle - Gustave Flaubert





Editore: Perrone
Collana: I classici
Genere: Letteratura
Formato: 11x15,5
Pagine: 90
Anno: 2007
Prezzo: € 5
Disponibile su: http://giulioperroneditore.it/node/32http://www.ibs.it/code/9788860040923/flaubert-gustave/memorie-folle.html

Flaubert inizia questo suo racconto provando ad analizzare, con pensieri sconnessi partendo dalla sua infanzia, il suo modo di vivere la vita e come esso sia cambiato nel corso degli anni.

Nel fare ciò usa un tono di sconforto, come se, trovandosi al termine della propria esistenza, si rendesse conto di quanto essa sia priva di valore a causa degli errori morali commessi in passato; eppure, all'epoca in cui scrive, ha solo 17 anni.
Inizia questo suo memoriale con l'ambizione di far almeno divertire il lettore, quasi considerasse egli stesso la vita come un enorme rappresentazione teatrale, da recitare seguendo le aspettative dello spettatore.
Esordisce elogiando il suo "IO" bambino, che trovava appagamento emotivo da qualsivoglia piccola gioia dei sensi si vedesse offrire dalla natura; di come fosse certo che non servisse null'altro ad appagarlo, se non l'immergersi con lo spirito nell'essenza poetica della vita stessa.
Racconta i suoi sogni di ragazzo, dei mondi nei quali riusciva ad avventurarsi con la sola forza della mente visualizzando ciò che un giorno sarebbe divenuto, a dispetto di chi lo derideva considerandolo "diverso"; di quel giovane ambizioso che, nella sua alterigia, sapeva di essere superiore a chi lo giudicava, e che aveva negli occhi orizzonti magnificenti ai quali un giorno sarebbe certamente giunto.
Con la poesia nell'anima, il suo pensiero poteva correre lontano in mille direzioni, vedendo la bellezza scaturire da ogni dove, diventando lui stesso i versi che creava.
Si rivede ragazzo, quando per la prima volta incontra Maria, la quale fa nascere in lui una passione travolgente che lo porta a credere che non esista nulla di più puro e celestiale di quei sentimenti.
Sino a quando, la disillusione gli fece breccia nell'anima portandolo a dubitare di tutto che vedeva, sentiva, provava; i sogni spazzati via dal bieco squallore d'intenti di cui si nutre ogni uomo.

Lo scrittore di Rouen, autore del ben più celebre "Madame Bovary", scrive questo suo insolito racconto nel 1838. Perennemente in bilico tra i suoi sentimenti, a volte estremamente carichi di apatia nei confronti del mondo e di se stesso, dopo aver riscontrato i sintomi dell'epilessia si dedicherà interamente alla letteratura, apprezzando in modo particolare autori come Balzac, grazie ai quali acquisisce un identità propria, decisamente anticonformista. Un identità tale che lo porterà ad essere considerato, negli anni a venire, il precursore del realismo letterario francese.


"Ricordo ancora le piccole gioie nel vedere i cavalli correre sulla strada, nell'accorgermi del fumo del loro fiato e del sudore che inondava i loro finimenti (...) Si vedeva il fumo uscire dalle loro narici, la vettura scossa che si rinsaldava sulle molle, il vento che soffiava sui vetri ed era tutto..."


"Io, che mi sentivo grande come il mondo e che uno solo dei miei pensieri, se fosse stato di fuoco come il fulmine, avrebbe potuto ridurre in cenere. Povero folle!"


"Ogni mattina andavo a vederla fare il bagno (...) ne contemplavo macchinalmente il posarsi sulla sabbia, il mio sguardo restava fisso sulle orme dei suoi passi e avrei quasi pianto vedendo l'onda cancellarle lentamente"


"Seguivo le sue tracce all'angolo di un muro e il fruscio dei suoi vestiti mi faceva palpitare di piacere. Quando ne sentivo i passi, nelle notti in cui camminava o avanzava verso di me... no, non saprei dirvi quante dolci sensazioni, quanta ebbrezza nel cuore, beatitudine e follia ci siano nell'amore"


"Maledizione agli uomini che mi hanno reso corrotto e malvagio, da buono e puro che ero!"


"Allora, probabilmente, ci sarà gioia sulla terra, quando morirà questo vampiro bugiardo che ipocrita che chiamiamo civiltà (...) Alcuni uomini ancora errabondi su una terra arida si chiameranno l'un l'altro; andranno gli uni verso gli altri e indietreggeranno per l'orrore, spaventati da loro stessi e moriranno. Cosa diventerà allora l'uomo, lui che è già più feroce delle belve e più vile dei rettili?"


"Così giovane e così stanco di tutto, quando ci sono vecchi ancora pieni di entusiasmo! Mentre io sono così abbattuto e disincantato! Che mi resta, dunque, se non guardare di notte la luna che getta sulle pareti i suoi tremuli chiarori simili a larghe foglie e di giorno il sole, che indora in tetti dei vicini? Questo è vivere? No, è la morte, senza il riposo del sepolcro"


Claudia Mameli



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