giovedì 26 gennaio 2012

Recensione: La strada che va in città - N.Ginzburg 



LA STRADA CHE VA IN CITTÀ
di Natalia Ginzburg

Editore: Einaudi

Collana: Einaudi tascabili
Genere: Narrativa
Anno: 2000
Pagine: 109
Formato: illustrato
Prezzo: 7.50 €
Disponibile su www.libreriauniversitaria.it

Delia è un'adolescente e vive con la sua famiglia in una casa umile, in un paese di periferia. Con loro c'è anche "Il Nini", un cugino rimasto orfano.

In casa resta poco, e appena può corre in città, dove sogna di sposarsi e fare la bella vita, e magari un amante, così come la sorella maggiore.
È una ragazza fredda, egoista e arrogante; disprezza sua madre, che non considera una donna degna di rispetto; non ha nessuna voglia di rendersi indipendente, e aspetta di poter fare la mantenuta.
Nel frattempo si diverte a frequentare un ragazzo ricco, con il quale inizia uno pseudo amore, pur non considerando in maniera seria i propri sentimenti nei suoi confronti.
Il Nini, che nonostante tutto sembra più coscienzioso, la prende in giro per quello che sta facendo, e la tratta da donna di malcostume, dicendole che non merita nulla, perché è cattiva. Anche se in fondo le vuole molto bene.
Di lì a poco scopre di essere rimasta incinta e, cacciata di casa dal padre, va a vivere da una zia che continua a disprezzarla.
Il suo giovane amante, che non la considera più e non va neanche a trovarla, alla fine decide di sposarla comunque, per pietà.
Delia ha dunque ottenuto ciò che bramava, ma, in cuor suo, ammette che forse avrebbe voluto altro dalla vita.

La prima edizione del libro risale al 1942 e per poterlo pubblicare Natalia è costretta a usare il nome di Alessandra Tornimparte, a causa delle leggi razziali vigenti in quegli anni.

L'autrice palermitana, nata Levi, trascorre l'infanzia e l'adolescenza a Torino, emarginata per via delle sue origini ebraiche. Nel '38 sposa Leone Ginzburg, del quale utilizzerà il cognome nella pubblicazione delle successive opere letterarie con la casa editrice Einaudi, della quale suo marito era collaboratore dal '33. In seguito l'autrice pubblicherà altri fortunati libri, uno dei quali le varrà il premio Strega nel '63.
La sua scrittura, schietta e mai scontata, che non si perde in troppi giri di parole, cattura il lettore comune che si sente a proprio agio nell'avventurarsi tra le sue righe, sentendosi parte del libro stesso.

"Odiavo la nostra casa. Odiavo la minestra verde e amara che mia madre ci metteva davanti ogni sera e odiavo mia madre. Avrei avuto vergogna di lei se l'avessi incontrata in città"


"Rientrai di malumore quella sera e mentre mi spogliavo per mettermi a letto, pensavo che Giulio mi portava in pineta e si divertiva a baciarmi, e intanto il tempo passava senza che mi avesse chiesta ancora. E io ero impaziente di sposarmi. Ma pensavo che dopo sposata volevo essere libera e godermela un mondo"


"Ma forse la sola cosa che volevo era tornare com'ero una volta, mettere il mio vestito celeste e scappare ogni giorno in città, e cercare del Nini e vedere se era innamorato di me, e andare anche con Giulio in pineta ma senza doverlo sposare"


"In chiesa non capii una sola parola di quello che diceva il prete. Morivo di paura che tutt'a un tratto mi venisse male, dal batticuore e dall'odore dell'incenso"


"Del bambino se ne occupava la serva e io dormivo fino a tardi al mattino...Mi alzavo e passeggiavo per la casa in vestaglia, e ammiravo i mobili e le stanze...Ripensavo alla casa di mia madre, con la cacca dei polli dappertutto, con le macchie d'umido sul muro"


Claudia Mameli


Recensione: La strada che va in città by Caudia Mameli is licensed under a Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Unported License.

 

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