venerdì 9 febbraio 2018

La malattia del tempo, di Andrea Aurisichio






Autore: Andrea Aurisicchio 
Casa Editrice: Il mio libro
Anno: 2017
Genere: Narrativa
Pagine: 180
Disponibile su: Il mio libro


Dodici mesi, questo l'arco di tempo al quale Noah deve fare affidamento prima che la sua vita finisca. È solo un ragazzo, ma il Caso o il Destino hanno scelto per lui il cammino verso una malattia che non ha nome, che gli va incontro subdola e spavalda nello stagliarsi di fronte ai suoi occhi. Noah ha poco più di vent'anni, e il sapere di avere un così breve lasso di tempo a disposizione instilla in lui il desiderio di andarsene in silenzio, annullandosi al mondo e a quello che potrebbe riempirgli l'anima nei suoi ultimi mesi di esistenza. Quando un giorno sceglie però di fuggire al dolore, s'imbatte in ciò che mai avrebbe pensato di incontrare. L'amore fa la sua comparsa sotto forma di un quaderno scritto a mano, e le parole che vi legge sono per lui linfa vitale che lo spinge a cercare il volto di chi le ha concepite. Greta entra così nella sua vita, dandogli la forza di andare avanti; ma è solo un'illusione che lo spaventa, portandolo a mettere i sentimenti ad un passo dal cuore  pur di non far soffrire la persona che ama in silenzio. Tormentato dai mille perché della propria vita, e dallo scorrere inesorabile del tempo, Noah proverà a parlare di sé attraverso una lunga lettera nella quale emergeranno le paure e le gioie che lo porteranno alla fine dei suoi giorni.

La storia si apre subito con quello che è il fulcro della storia: la malattia di Noah e quello che prova; il modo in cui i suoi genitori si sentano impotenti e devastati dalla notizia, e di come un barbone molto più saggio di tanti filosofi, e il diario di una ragazza della quale non poté scordare lo sguardo riusciranno a fargli rivalutare quello che gli sta accadendo. L'opera prima del giovane Andrea Aurisicchio, studente universitario con una predisposizione naturale ad esporre i sentimenti umani, ha qualcosa di profondo e delicato che richiama alla memoria emozioni sopite. L'autore scrive questo suo testo a soli diciassette anni, pubblicandolo solo due anni dopo. La storia, di per sé toccante per l'argomento trattato, è resa ancora più emozionante grazie alle parole usate per ragionare sul concetto della vita stessa. Mai pesante nelle descrizioni, a volte forse troppo sfuggente nell'esporre scene che meriterebbero qualche riga in più, Andrea dimostra di avere tutte le carte in regola per poter crescere come autore e farsi apprezzare dai lettori.

"Per me era qualcosa incredibilmente più difficile da accettare, era una lotta contro qualcosa di molto più grande e impossibile da sconfiggere: Il tempo"

"Ogni pomeriggio si sedevano allo stesso tavolino, di quello stesso bistrot, magari senza ordinare niente, e parlavano, ridevano, scherzavano, sembravano un tutt'uno, completamente in sincronia, in qualsiasi cosa, ma quando si separavano, i loro animi erano completamente soli"

"Il destino esiste ed è un grande meccanismo che ci fa arrivare dove lui vuole, ma allo stesso tempo, può essere cambiato ed è continuamente sfidato dal Caso"

"Il tempo è tiranno, un po' come il Caso, è qualcosa che non possiamo controllare. È come una costrizione a correre verso i propri obiettivi, senza mai potersi fermare un attimo per prendere fiato, perché un giorno ci sei e l'altro non ci sei più"

Claudia Mameli

giovedì 8 febbraio 2018

La metamorfosi di Kafka


   

Titolo: La metamorfosi 
Autore: Franz Kafka 
Anno: 1915
Genere: Letteratura dell'assurdo 
Disponibile su: Amazon

Questi giorni, tra i titoli da leggere mi sono ritrovata "La metamorfosi" di Kafka.  Era nella mia lista da tempo e ad essere onesta, per il poco tempo che ho ultimamente, non l'ho precisamente letto, ma ascoltato in audiolibro mentre cucivo i costumi di carnevale.
La storia fa senza dubbio riflettere sull'omologazione della civiltà: tutti devono essere uguali a tutti, precisi, diligenti, colti, dediti al lavoro. Appena una persona insoddisfatta del proprio esistere decide di cambiare strada e provarne una nuova, vuoi per curiosità, vuoi perché desideroso di affrontare una nuova avventura, o semplicemente perché incapace di reggere la vita precedente, ecco che gli indici si alzano e iniziano a puntare colui che ha subito la metamorfosi rendendosi irriconoscibile agli occhi degli altri. Bellissimo libro, ottima voce narrante, pone l'accento sull'incapacità degli uomini nell'accettare i cambiamenti; si evince l'attaccamento alle situazioni comuni, conosciute, e il desiderio di stare nella propria, monotona, tranquillità. Sopportare che gli altri modifichino modo di fare, esprimersi e pensare diviene difficile, quasi si pretendesse da loro di essere sempre uguali, privandoli del diritto di cambiare, evolversi e divenire qualcosa che prima non si era. Ci si sofferma a guardare il mutamento come una cosa negativa, portando all'isolamento chi decide di cambiare vita. Annullando la sua esistenza.
Quello che maggiormente mi ha colpito è il modo in cui Kafka utilizza le figure per esprimere i concetti: il padre in veste da camera prima e in divisa poi, è l'inerzia seguita da una buona dose di orgoglio; la mamma asmatica e desiderosa di salvare il figlio denota l'ansia di non riuscire nel proprio intento; la sorella che gli porta del cibo evitando di guardarlo, rappresenta tutto ciò che viene fatto per obbligo. Anche la governante che quasi esulta, fiera, per aver trovato il cadavere dello scarafaggio, ci dice quanto sollievo dia, a chi non è in grado di guardare oltre il proprio naso, sbarazzarsi di tutto ciò che distrae e scombussola la presunta normalità.  Il personaggio principale è invece il riflesso della frustrazione dovuta alla troppa normalità, al desiderio di cambiare avendo però paura di lasciarsi sopraffare dal cambiamento stesso.
Ottima storia per riflettere sul rispetto verso il prossimo, quali che siano le sue scelte di vita.

     

"Gregor Samsa, svegliandosi una mattina da sogni agitati, si trovò trasformato, nel suo letto, in un enorme insetto immondo"

"Come poteva essere proprio una bestia, se la musica lo afferrava a quel punto?"

"La grave ferita di Gregor (...) sembrò aver ricordato anche al padre che nonostante la sua forma attuale, triste e ripugnante, Gregor era comunque un membro della famiglia e non doveva essere trattato come un nemico; il dovere familiare, anzi, era quello di vincere ogni senso di ripugnanza e di sopportare, niente altro che sopportare".

Recensione a cura di Claudia Mameli