giovedì 26 gennaio 2012

Recensione: Accabadora di Michela Murgia






Editore: Einaudi
Genere: Narrativa
Collana: Supercoralli
Legatura: Rilegato
Anno: 2009
Pagine: 164
Lingua: Italiano
Prezzo: € 9,35
Romanzo vincitore del Premio Campiello 2010
Disponibile su: Amazon

All'inizio degli anni cinquanta nei piccoli paesi come Soreni, ancorati alle tradizioni più profonde, quando una vedova non riusciva a mantenere tutti i suoi figli era normale che uno di essi venisse dato in "Fill'e anima" a chi di figli non poteva averne, o che comunque aveva la possibilità di donare ad questi un futuro migliore rispetto a quello che gli si prospettava restando con la famiglia di origine.
Ciò che all'inizio sembrò strano agli abitanti del luogo fu che la piccola Maria fosse stata data proprio a Tzia Bonaria Urrai, sarta di professione, ma con una missione ben più importante sulla terra, che le aveva procurato il rispetto e il timore dei compaesani. La bambina dal canto suo, abituata ad essere considerata dalla madre solo come un piatto da riempire ogni giorno, non aveva faticato ad ambientarsi con la sua nuova madre d'anima che, nonostante non manifestasse apertamente il suo affetto, la faceva sentire amata ed accudita, dandole la possibilità di studiare andando così contro la sua vera madre, la quale pensava di sfruttare la situazione usando la figlia nei lavori di casa ogni qual volta le fosse servito.
Tzia Bonaria era molto amata dalla sua figlia, poiché le aveva insegnato il valore dell'onestà, e l'aveva fatta "svegliare" aprendole gli occhi sul mondo che le stava attorno, divenendo per la piccola un esempio da imitare in tutto. Ciò che però alla piccola non era ben chiaro, era il motivo per il quale alla donna capitasse di uscire la notte, in silenzio, senza dirle una parola. Dopo aver provato con scarso successo a domandarle cosa facesse, Maria non chiese più spiegazioni e fece finta di nulla per molto tempo.
Maria studiava sodo, e si mostrava anche interessata ad imparare i lavori di sartoria; poi, quando arrivava il periodo giusto, andava volentieri a fare la vendemmia con i Bastíu, sempre assieme all'amico del cuore Andría, che l'amava in silenzio da tutta una vita e veniva preso in giro dal suo fratello maggiore, che minacciava sempre di rivelarle quel suo segreto.
Per uno scherzo del destino, molti anni più tardi, proprio dal suo migliore amico Maria scoprì la verità riguardo a Tzia Bonaria; una verità sconvolgente che le fece crollare tutto quel castello d'illusioni che si era creata attorno alla sua figura di riferimento, portandola ad allontanarsi drasticamente da lei senza dire una parola.
Solo quando si ritroverà faccia a faccia con la sofferenza, letta negli occhi di chi si ritrova imprigionato nel limbo della non vita, Maria capirà che Accabadora non significa solo morte, ma è colei che aiuta le anime a slegarsi dalle catene che le legano oltre tempo alla vita terrena, donando loro la libertà di proseguire il viaggio verso il mondo dei non vivi.

Intriso di note dal sapore ancestrale, "Accabadora" non è un semplice romanzo di fantasia creato per intrattenere il lettore, ma è piuttosto lo specchio di una cultura antica fatta di tradizioni che si tramandano ancora oggi; di leggende alle quali il Sardo crede profondamente, poiché ha visto, e di una devozione sincera nei confronti della madre terra e dei segreti che conserva, in attesa di essere svelati al momento giusto.

Michela Murgia, nata a Cabras nel 1972, scrive questo suo libro senza mai dimenticare da dove viene, fill'e anima anch'essa, dedicandolo ad entrambe le madri. Parla del legame profondo che si instaura tra madre e figlia, mettendo in risalto il fatto che i figli si sentono tali nei riguardi di chi li cresce, con cura e devozione, e che il sangue non è l'unico cordone in grado di unire le due anime, ma è piuttosto la via materiale con la quale esse sono in relazione tra loro.
Nel 2006 ha pubblicato con Isbn "Il mondo deve sapere", il diario tragicomico di un mese di lavoro che ha ispirato il film di Paolo Virzì "Tutta la vita davanti". Per Einaudi ha pubblicato nel 2008 "Viaggio in Sardegna. Undici percorsi nell'isola che non si vede". E nel 2011, sempre per Einaudi, il suo ultimo romanzo "Ave Mary. E la chiesa inventò la donna".

"Fillus de anima. È così che li chiamano i bambini generati due volte, dalla povertà di una donna e dalla sterilità di un'altra"


"La casa del morto non era distante, ma già a centinaia di metri si sentiva il canto cupo dell'attitu. Ogni volta che si levava quel lamento dalla musicalità sguaiata, era come se ai sorenesi venissero cantati i dolori di ogni casa, quelli presenti e quelli andati, perché il lutto di una famiglia risveglia la memoria mai sopita di tutti i singoli pianti passati"


"Quando l'accabadora sollevò il coperchio, dal contenitore si levò un filo di fumo. Nicola Bastíu accolse l'odore acre (...) L'uomo trattenne dentro ai polmoni quel fumo tossico, chiudendo gli occhi stordito per l'ultima volta"


"In una notte come quella delle anime la campana non suonava. Poteva essere un'ora qualsiasi, e non sarebbe cambiato niente. Lungo le vie tutte le porte delle case erano aperte nonostante il freddo, come se ogni famiglia di Soreni fosse fuggita troppo in fretta per ricordarsi di chiudere l'uscio"


"Protezione o colpa. A Soreni erano questi i soli motivi che facevano penare la morte, e Maria non sapeva quale dei due impedisse davvero a Bonaria Urrai di andarsene (...) Tolse tutti i quadretti a soggetto religioso dai muri della camera, recuperò le immaginette dalle pagine dei libri e dal fondo dei cassetti, slacciò dalle maniglie delle porte qualunque nastro verde, stanò dagli angoli ogni pezzo di corno che fosse stato posto a guardia degli spiriti, ma sopratutto portò via la palma benedetta della settimana santa (...) Dopo quella bonifica, attesero"


"Ci sono cose che si sanno e basta, e le prove sono solo conferma"


Claudia Mameli



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