giovedì 5 aprile 2018

Guarda dietro di te, di Sibel Hodge



Autore: Sibel Hodge
Genere: Thriller
Anno: 2016
Casa Editrice: Newton Compton Editori
(versione originale Amazon Publishing, 2014)
Pagine: 225
Disponibile su: Amazon

“Sento un dolore forte, scintille bianche lampeggiano di fronte ai miei occhi. Mi si rivolta lo stomaco e vomito, girandomi di fianco. La bile mi arde in gola, acida e violenta. Le lacrime mi fanno bruciare gli occhi. Mi lamento per il dolore, e afferrando la testa tra le mani mi giro di nuovo sulla schiena, ansimante. Ora l’oscurità non è più soltanto davanti ai miei occhi. È anche nella mia testa, mentre sprofondo nell’incoscienza”

L’ultimo ricordo di Chloe risale al 23 marzo. Festeggiava il compleanno di suo marito Liam, era una bella festa e tutti si divertivano. Poi, il vuoto. Stordita, si risveglia con polsi e caviglie legate in quella che sembra una cantina. Non sa come ci sia finita, né da quanto tempo sia lì. Attorno a lei c’è il buio più profondo. Gli unici suoni che sente sono un gocciolare insistente e il battito del cuore che le martella il cervello. Ha dolori in tutto il corpo, graffi e un grosso bernoccolo in fronte. Il panico prende presto il sopravvento e in breve capisce che qualcuno l’ha rapita sperando che muoia presto. Ma Chloe non ha nessuna intenzione di arrendersi e decide di usare tutte le sue forze per liberarsi. Dopo vari tentativi, ormai al limite, riesce a scappare dalla sua tomba per riemergere in un bosco. La fortuna vuole che qualcuno la veda stremata in mezzo  alla strada. Dopo essere stata soccorsa e portata in ospedale, quando decide di raccontare alla polizia quello che crede esserle successo fa una scoperta agghiacciante: ha perso i ricordi delle ultime 7 settimane della sua vita. Viene così a sapere dettagli raccapriccianti che la riguardano, cose impossibili da accettare perché non si rivede nella donna che le stanno descrivendo. Quel che è peggio, è che nessuno crede che lei sia stata rapita. Nemmeno suo marito. L’unica opzione rimasta è che sia diventata pazza. All’inizio anche lei dubita di se stessa, ma quando si guarda allo specchio non può accettare di essersi inventata tutto. La sua vita è come un puzzle da ricostruire, e solo lei può farlo. Non può fidarsi di nessuno: qualcuno le mente nascondendo particolari che potrebbero portarla alla verità più terrificante.

“Sono arrivata fin qui e sento di essere vicina alla verità. Voglio scoprire cosa è successo, ma allo stesso tempo sono spaventata a morte. Forse il dottor Drew aveva ragione, riguardo al fatto che il cervello umano spesso tende a bloccare i ricordi più traumatici con l'amnesia. Alcune cose sono troppo spaventose da ricordare”

Già conosciuta per opere di diverso stile, Sibel Hodge raggiunge la notorietà proprio grazie a “Guarda dietro di te” svettando in brevissimo tempo in cima alle classifiche on line come autrice autopubblicata. La semplicità estrema con la quale fa scorrere le parole, rendono questo thriller una calamita per il lettore. Ogni frase ha un punto in sospeso che porta irrimediabilmente a scorrere le righe fino al verso successivo. Nella confusione di eventi  e ricordi niente è lasciato al caso, tutto ha un senso che si incastra nel procedere della storia; come un castello di carte costruito da mani esperte, che sanno esattamente dove posizionare la carta successiva. Ma è proprio quando si pensa di aver svelato il mistero che il castello crolla, lasciando in piedi la sola base, quella che regge tutta la struttura, costringendo a rivalutare gli elementi acquisiti in precedenza, manipolarli per dare loro una forma nuova e tornare a poggiarli delicatamente sulla base, certi che sarà la volta buona.

“Un'altra idea mi passa per la testa. I sonniferi. Non li ho visti in giro per casa e di sicuro non erano nel sacchetto. Se davvero li ho presi devono essere qui da qualche parte. Cerco dappertutto, cominciando dalle credenze in cucina dove teniamo la scatola con dentro i medicinali. Tiro fuori tutto: cerotti, bende, gocce per il cerume, collirio, ibuprofene, paracetamolo, aspirine, alcuni antibiotici scaduti che erano serviti a Liam per l'ascesso a un dente, compresse di vitamina C, lassativi. Cerco negli armadietti del bagno e in tutti i cassetti della camera da letto. Nessun sonnifero”

Gli elementi più significativi della trama hanno sede nella mente di Chloe, della quale si evidenzia fin da principio un senso di inadeguatezza nei confronti del mondo intero. Nonostante pensi di essere sull’orlo della pazzia, la donna non si dà per vinta e prova in tutti i modi ad analizzare lucidamente ogni dettaglio. I suoi pensieri scavano a fondo, e la forza di volontà la spinge a voler ricostruire quel castello di carte tanto difficile da tenere in piedi, guardandosi le spalle da tutto e da tutti. L’autrice inglese/cipriota mescola con maestria ogni singola parola, facendo risaltare la forza delle emozioni e deviando il percorso logico per la risoluzione dell’intricato intreccio narrativo, facendo sì che nulla sia scontato. Anche le descrizioni dei luoghi sono significative, non tanto per i dettagli strutturali quanto per l'importanza psicologica che si impronta nella mente della protagonista. Ogni suo pensiero si confronta con la doppia faccia della medaglia: da una parte il desiderio estremo di riappropriarsi dei ricordi persi, dall'altra il terrore per le conseguenze che ne deriverebbero. 

“Mi sforzo di tenere a bada le emozioni. Perdere il controllo non mi porterebbe nulla di buono. Potrei essere internata di nuovo, e dove finirei? Dritta nel reparto di malattie mentali, ovviamente. Attorciglio le fredde lenzuola formando un nodo. Le sbroglio. Le attorciglio. Le sbroglio”



Durante la lettura si intuisce più volte il possibile rapitore di Chloe ma solo alla fine se ne avrà l'assoluta certezza, proprio perché l'autrice ha mescolato le carte talmente tante volte da riuscire ad insillare il dubbio costante, non solo nella protagonista della storia, ma anche in chi legge l'evolversi delle sue vicende. 


Claudia Mameli


venerdì 2 marzo 2018

Come la mosca nella tela del ragno, di Silvia Farinazzo




Autore: Silvia Farinazzo
Casa editrice: 0111 Edizioni 
Genere: Storico 
Anno: 2016
Pagine: 158
Disponibile su: Amazon

All'alba della seconda guerra mondiale, Marìa ha perso suo marito durante un attacco ed è costretta a lasciare la Spagna per rifugiarsi in Francia. Al suo fianco c'è Dolores, ma presto dovrà dire addio anche alla sua cara amica. Ciò che le resta è una figlia nata dell'inganno. Per cercare di salvarsi fingerà una nuova identità ma questa scelta costerà cara ad entrambe. La speranza di riuscire a rifarsi una vita si trasforma, in breve, nella consapevolezza di essere finita al centro di un incubo disumano. L'inganno sarà complice della sua deportazione, e dovrà quindi separarsi dalla piccola per poterla mettere in salvo, e affrontare da sola, per un brutto scherzo del destino, tutto il marcio di una guerra che ha portato le tenebre nel cuore degli uomini. Durante gli anni passati in schiavitù, l'unica cosa che ha dato a Marìa il coraggio di sopportare la fame, le torture, il freddo e la morte è stata la voglia di riabbracciare la sua bambina. Anche quando ormai certa di dover presto morire.

 
Leggere queste pagine è stato come vedere con i miei occhi tutto l'orrore di una guerra inutile e violenta, sentire la puzza della carne bruciata, il dolore delle ferite e la sofferenza dell'anima. È una storia dove l'immaginazione non serve, perché è tutto qui, descritto come se fosse un incubo vissuto in diretta. Le parole scorrono veloci insieme alle lacrime, più pesanti man mano che si va avanti. L'autrice non ha semplicemente scritto un resoconto di guerra, ha riportato in vita emozioni sopite, dimenticate in un angolo di memoria che si vorrebbe cancellare per non sentire l'obbligo morale di chiedersi "perché?" Perché gli uomini non possono vivere in pace, uniti, sostenendosi a vicenda per costruire un futuro migliore per chi ci sarà dopo di noi? La seconda guerra mondiale ha portato odio e distruzione nella terra, cicatrici profonde che dovrebbero essere un monito per tutti. Eppure, continuiamo a cadere sempre negli stessi errori. La storia di Marìa è quella di migliaia di persone che hanno avuto il coraggio di non arrendersi alle torture, alle umiliazioni, alla vita stessa. È una storia già sentita in tanti libri, documentari, inchieste, commemorazioni, ma è anche una storia da sentire, perché ogni storia merita di essere ascoltata. Per non dimenticare.

"All'improvviso, un gruppo di donne francesi compare sulla banchina. Alcune di loro portavano ceste di pane appena sfornato. Si avvicinarono al treno per offrirlo ai rifugiati. Gli occhi di madri e mogli francesi incrociarono quello di madri e mogli spagnole, senza dire una parola"

"Per la prima volta la giovane donna si presentò usando la sua falsa identità e lasciò a Pulette la fantasiosa descrizione delle loro vite fasulle"

"Lei aveva già conosciuto la follia della guerra, la vendetta dei vincitori, le torture, gli assassini. Ma quell'orrore superava qualsiasi immaginazione. Bambini e anziani lasciati in balia delle loro paure. Uomini e donne picchiati e umiliati. Quella non era guerra, era solo cinica follia"

"Sul pavimento, mischiata alla paglia, c'era una sostanza biancastra che reagiva al contatto con l'urina saturando l'aria con un odore tossico. Un paio di neonati, aggrappati al seno asciutto delle madri, piangevano disperati. Ogni parvenza di dignità umana si spense lentamente"

"María ricordava con nostalgia la primavera a Barcellona, quando i raggi del sole sfioravano i giardini in fiore e le acque cristalline del mare. Lì invece la primavera si fermava dietro il filo spinato, spaventata e disgustata da quell'orrendo spettacolo"

Claudia Mameli

venerdì 9 febbraio 2018

La malattia del tempo, di Andrea Aurisichio






Autore: Andrea Aurisicchio 
Casa Editrice: Il mio libro
Anno: 2017
Genere: Narrativa
Pagine: 180
Disponibile su: Il mio libro


Dodici mesi, questo l'arco di tempo al quale Noah deve fare affidamento prima che la sua vita finisca. È solo un ragazzo, ma il Caso o il Destino hanno scelto per lui il cammino verso una malattia che non ha nome, che gli va incontro subdola e spavalda nello stagliarsi di fronte ai suoi occhi. Noah ha poco più di vent'anni, e il sapere di avere un così breve lasso di tempo a disposizione instilla in lui il desiderio di andarsene in silenzio, annullandosi al mondo e a quello che potrebbe riempirgli l'anima nei suoi ultimi mesi di esistenza. Quando un giorno sceglie però di fuggire al dolore, s'imbatte in ciò che mai avrebbe pensato di incontrare. L'amore fa la sua comparsa sotto forma di un quaderno scritto a mano, e le parole che vi legge sono per lui linfa vitale che lo spinge a cercare il volto di chi le ha concepite. Greta entra così nella sua vita, dandogli la forza di andare avanti; ma è solo un'illusione che lo spaventa, portandolo a mettere i sentimenti ad un passo dal cuore  pur di non far soffrire la persona che ama in silenzio. Tormentato dai mille perché della propria vita, e dallo scorrere inesorabile del tempo, Noah proverà a parlare di sé attraverso una lunga lettera nella quale emergeranno le paure e le gioie che lo porteranno alla fine dei suoi giorni.

La storia si apre subito con quello che è il fulcro della storia: la malattia di Noah e quello che prova; il modo in cui i suoi genitori si sentano impotenti e devastati dalla notizia, e di come un barbone molto più saggio di tanti filosofi, e il diario di una ragazza della quale non poté scordare lo sguardo riusciranno a fargli rivalutare quello che gli sta accadendo. L'opera prima del giovane Andrea Aurisicchio, studente universitario con una predisposizione naturale ad esporre i sentimenti umani, ha qualcosa di profondo e delicato che richiama alla memoria emozioni sopite. L'autore scrive questo suo testo a soli diciassette anni, pubblicandolo solo due anni dopo. La storia, di per sé toccante per l'argomento trattato, è resa ancora più emozionante grazie alle parole usate per ragionare sul concetto della vita stessa. Mai pesante nelle descrizioni, a volte forse troppo sfuggente nell'esporre scene che meriterebbero qualche riga in più, Andrea dimostra di avere tutte le carte in regola per poter crescere come autore e farsi apprezzare dai lettori.

"Per me era qualcosa incredibilmente più difficile da accettare, era una lotta contro qualcosa di molto più grande e impossibile da sconfiggere: Il tempo"

"Ogni pomeriggio si sedevano allo stesso tavolino, di quello stesso bistrot, magari senza ordinare niente, e parlavano, ridevano, scherzavano, sembravano un tutt'uno, completamente in sincronia, in qualsiasi cosa, ma quando si separavano, i loro animi erano completamente soli"

"Il destino esiste ed è un grande meccanismo che ci fa arrivare dove lui vuole, ma allo stesso tempo, può essere cambiato ed è continuamente sfidato dal Caso"

"Il tempo è tiranno, un po' come il Caso, è qualcosa che non possiamo controllare. È come una costrizione a correre verso i propri obiettivi, senza mai potersi fermare un attimo per prendere fiato, perché un giorno ci sei e l'altro non ci sei più"

Claudia Mameli

giovedì 8 febbraio 2018

La metamorfosi di Kafka


   

Titolo: La metamorfosi 
Autore: Franz Kafka 
Anno: 1915
Genere: Letteratura dell'assurdo 
Disponibile su: Amazon

Questi giorni, tra i titoli da leggere mi sono ritrovata "La metamorfosi" di Kafka.  Era nella mia lista da tempo e ad essere onesta, per il poco tempo che ho ultimamente, non l'ho precisamente letto, ma ascoltato in audiolibro mentre cucivo i costumi di carnevale.
La storia fa senza dubbio riflettere sull'omologazione della civiltà: tutti devono essere uguali a tutti, precisi, diligenti, colti, dediti al lavoro. Appena una persona insoddisfatta del proprio esistere decide di cambiare strada e provarne una nuova, vuoi per curiosità, vuoi perché desideroso di affrontare una nuova avventura, o semplicemente perché incapace di reggere la vita precedente, ecco che gli indici si alzano e iniziano a puntare colui che ha subito la metamorfosi rendendosi irriconoscibile agli occhi degli altri. Bellissimo libro, ottima voce narrante, pone l'accento sull'incapacità degli uomini nell'accettare i cambiamenti; si evince l'attaccamento alle situazioni comuni, conosciute, e il desiderio di stare nella propria, monotona, tranquillità. Sopportare che gli altri modifichino modo di fare, esprimersi e pensare diviene difficile, quasi si pretendesse da loro di essere sempre uguali, privandoli del diritto di cambiare, evolversi e divenire qualcosa che prima non si era. Ci si sofferma a guardare il mutamento come una cosa negativa, portando all'isolamento chi decide di cambiare vita. Annullando la sua esistenza.
Quello che maggiormente mi ha colpito è il modo in cui Kafka utilizza le figure per esprimere i concetti: il padre in veste da camera prima e in divisa poi, è l'inerzia seguita da una buona dose di orgoglio; la mamma asmatica e desiderosa di salvare il figlio denota l'ansia di non riuscire nel proprio intento; la sorella che gli porta del cibo evitando di guardarlo, rappresenta tutto ciò che viene fatto per obbligo. Anche la governante che quasi esulta, fiera, per aver trovato il cadavere dello scarafaggio, ci dice quanto sollievo dia, a chi non è in grado di guardare oltre il proprio naso, sbarazzarsi di tutto ciò che distrae e scombussola la presunta normalità.  Il personaggio principale è invece il riflesso della frustrazione dovuta alla troppa normalità, al desiderio di cambiare avendo però paura di lasciarsi sopraffare dal cambiamento stesso.
Ottima storia per riflettere sul rispetto verso il prossimo, quali che siano le sue scelte di vita.

     

"Gregor Samsa, svegliandosi una mattina da sogni agitati, si trovò trasformato, nel suo letto, in un enorme insetto immondo"

"Come poteva essere proprio una bestia, se la musica lo afferrava a quel punto?"

"La grave ferita di Gregor (...) sembrò aver ricordato anche al padre che nonostante la sua forma attuale, triste e ripugnante, Gregor era comunque un membro della famiglia e non doveva essere trattato come un nemico; il dovere familiare, anzi, era quello di vincere ogni senso di ripugnanza e di sopportare, niente altro che sopportare".

Recensione a cura di Claudia Mameli