lunedì 23 maggio 2016

Gianna, lei era mia sorella. Di Carmen Salis

                                                                                  

Casa Editrice: Amico Libro
Anno: 2016
Formato: Cartaceo
Genere: Autobiografico
Pagine: 101
Prezzo: €12

Questa è la storia di Gianna, una donna immensa alla quale il destino ha riservato un futuro difficile da gestire. A parlarci di Lei è Carmen, che usa questo titolo di onore ogni volta in cui si riferisce alla sorella perché di lei ricorda la grandezza dell'anima, oltre ogni più futile constatazione del suo essere: ed è così che vuole trasmettere, a chi leggerà la Sua storia, tutto il bene serbato in fondo al cuore da quella straordinaria donna che era, è, e sempre sarà Gianna. Il racconto non avviene in maniera lineare, ma segue le strade della memoria con numerosi episodi incastrati fra loro al fine comporre un quadro troppo grande per essere contenuto in un unica cornice. Sforzandosi di assumere un atteggiamento contenuto, durante la stesura del testo, l'autrice prova a dare un senso a ricordi imperlati di amore e rabbia:
amore verso una sorella che è sempre stata forte e decisa, spesso saggia nell'esprimere la sua percezione della vita, a volte incomprensibile nei repentini cambi d'identità ed eterea, nel suo vivere con passione tutti gli attimi di calma apparente; la rabbia è invece riversata contro chi non ha voluto vedere oltre il muro dell'evidenza, sperimentando su di lei farmaci e soluzioni utili solo ad annullarle il corpo e la mente, o negando una malattia che voleva solo essere abbracciata. Carmen prova rabbia anche verso se stessa, per non essere riuscita a capire subito quanto in realtà fosse unica e speciale quella sorella così diversa da lei che per un certo periodo non comprendeva nella maniera giusta. In un vai e vieni di immagini del passato, conosciamo una ragazza in continuo conflitto contro un buio sempre più scuro che voleva impedirle di essere felice come tutti gli altri. Tra un ricovero d'urgenza e le terapie sempre più forti per sedare i mostri che la tormentano, la vediamo come una ragazza pudica che recita il rosario con profonda dedizione e mette in casa tutti i soldi che guadagna, perché generosa di natura, precisa e puntuale nel suo cercare di essere una brava donna di casa pur sapendo che non potrà mai gioire dell'avere una famiglia tutta sua; la si scorge timida ed imbarazzata nelle sue prime uscite con i ragazzi e quando già adulta impara a truccarsi ed è piena di sogni mai realizzati. Viene da sorridere per la sua innocenza di bambina mai cresciuta che, sebbene non ne apprezzi il sapore, ama cucinare le meringhe perché le vengono perfette, aspettando fiduciosa un segno del destino che la possa condurre al grande amore. Sentiamo una stretta al cuore quando prova a sconfiggere i suoi demoni per amore dei nipoti che la riempiono d'orgoglio nel suo ruolo di zia; e si soffre, nel vederla cadere da un momento all'altro in un profondo baratro dal quale non sa venire fuori, dove la continua lotta con voci che battono ritmicamente nella sua testa viene attutita da una madre che fino alla fine della propria esistenza cerca di proteggerla dal mondo infido che la circonda, prendendola per mano senza lasciarla mai, giustificando le sue stranezze e provando a farla sentire il cardine della famiglia, la persona più importante per dare la forza di credere in se stessa. Gianna lotta, cade e si rialza. Parla con occhi persi nel vuoto chiedendo di avere finalmente pace, per poi ritrovare la forza di uscire per strada. Non le importa di quello che pensa la gente, di come la guardano e di tutto quello che i medici le consigliano di non fare: Lei vuole vivere e continuare a sognare! Carmen invece cerca in tutti i modi di trovare una cura che non esiste, batte i pugni, si arrabbia e urla solo perché ha paura di perderla; prova a spingere Gianna a reagire. A volte ci riesce, altre deve accettare il fatto di non poterci riuscire. Altre ancora, si trova  costretta a prendere decisioni difficili per il bene di sua sorella, che invece non le accetta volentieri. Carmen è la sorella minore, ma si prende cura di Lei con tutta se stessa perché spera che allontanandola da tutti quei pericoli che avrebbero potuto farla peggiorare possa in qualche modo salvarla. Per troppi anni non saprà trovare la ragione di quella malattia che accompagnerà sua sorella lungo due binari paralleli, fatti di luci e ombre; e solo quando si renderà veramente conto che Lei non si era mai arresa alla vita, quando capirà che Gianna era tutto questo: guerra, amore, gioia e disperazione, solo allora sarà veramente cosciente del fatto che Lei è sempre stata la più forte.

                                                                                  

"L'ho ammirata, invidiata, combattuta. Poi, a un certo punto della mia vita, ho riconosciuto la sua tristezza e l'ho amata senza riserve"

"Perché per lenire il dolore credevo sarebbe bastato non parlare più di Lei, non pensare a Lei, non riguardate le Sue foto, stringere forte i pugni e chiudere gli occhi, come diceva mia madre quando dovevano farci le iniezioni, per non soffrire"

"Di quanto amore può essere capace una madre l’ho capito solo allora. La temeva ma la amava. Capiva quel che vedeva, ma non lo sentiva. a volte ripenso al suo grande dolore nel vederla andar via con i pensieri, nell’assecondare i suoi ragionamenti folli, nel temere che avrebbe potuto farsi o farle del male. Eppure, quando la guardava non si intravedeva dispiacere e nemmeno vergogna per questa figlia che era comunque sempre stata diversa"

"Tutti si erano spogliati della loro autorità per fargliela indossare, quasi a proteggerla dalla vita: la coccolavano, la facevano sentire al centro del mondo. ne avevano cura come si fa con una foglia di vetro, che non deve mai toccare terra o si rompe in mille pezzi. oggi comprendo che non avevano altra scelta. Lei era davvero di vetro. Comunque, si è spaccata in mille pezzi lo stesso"

"Quando ho capito che la mia gioia di vivere contrastava con la sua voglia di morire, quando ho smesso di cercare di farle capire quanto è bella la vita, quando ho finito con il nausearla con le mie prediche, allora ho capito che era malata. Aveva una voce dentro la testa che le diceva il contrario di quello che consigliavo io: una voce che la tormentava e che le faceva desiderare soltanto di dormire per sempre"

"Ci sapeva fare con i bambini, riusciva a mettersi carponi per vedere il mondo così come lo vedono loro. Con i miei figli è stata fantastica, insuperabile: ogni giorno l’aspettavano per giocare come si aspetta Babbo natale, e Lei, puntuale, non li ha mai delusi (...) ogni gioco era mutilato, e ogni storia era orfana di un personaggio. io non ho mai saputo prendere il suo posto. Là, seduta sul pavimento, in mezzo ai loro giochi, sarei stata un’intrusa"

"Stava bene se gli altri la facevano sentire importante, utile, presente. Per questo nella mia ignoranza quando stava male mi convincevo di riempirle la vita di impegni e responsabilità. Credevo che la sua testa fosse come il motore di una macchina potente che deve girare per rendere al meglio. invece iniziava la discesa ogni volta alla stessa maniera. Passava dall’euforia eccessiva, dall’iperattività alla tristezza muta, fino al silenzio del corpo e del cuore. Dormiva, non si curava più di nulla, nemmeno del suo corpo"

"Piano piano, si isolava da tutto. E tutto la isolava. La gente si scostava quando passava e si voltava a guardarla con commiserazione. Camminava come un automa, teneva lo sguardo fisso e la mano destra non riusciva a star ferma. L’ignoranza la circondava abbracciandola sempre più stretta"

"Lei andava in Chiesa, recitava il rosario la sera, leggeva a voce alta le preghiere dal suo libretto. La prima cosa che chiesi ai suoi Santi fu: perché non le avevano restituito il favore"

Claudia Mameli

                                                     

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