giovedì 7 aprile 2016

Settanta acrilico trenta lana, Viola di Grado

                                                                                                    



Casa editrice: E/O
Genere: Narrativa
Anno: 2011
Pagine: 189
Formato: Cartaceo
Legatura: Brossura
Prezzo: € 7,65

Dopo la morte del padre, Camelia rinuncia al proprio futuro perfetto per vivere di arrendevole rabbia e malinconia accanto alla madre, un tempo affascinante violinista affermata e poi trasformata in un vegetale ambulante a causa del dolore. Le due donne vivono a Leeds, una piccola cittadina londinese resa importante dalle prime industrie tessili, e più precisamente nella Christopher road, un luogo dove l'inverno fa da padrone e la gente che vi abita non presta molta attenzione al marciume che la circonda.
Senza alcuno stimolo, la ragazza inizierà a vestirsi di stracci per ribellarsi alla bruttezza della propria esistenza e troverà un piccolo lavoro per continuare a prendersi cura dello scheletro di sua madre, imbattendosi così in una complicata e squallida storia di sesso per colmare il vuoto che la circonda, in attesa che sua madre riprenda il ruolo che ha dovuto invece imparare a gestire Camelia.

L'opera prima della scrittrice torinese mette in risalto la rassegnazione di una vita che vuole distruggere se stessa, smontando ogni ideale di perfezione per lavare drasticamente l'illusione del paese delle favole nel quale si ambienta ogni storia a lieto fine. Viola, ci fa conoscere in maniera macabra la cruda realtà di un cuore che ha ormai smesso di voler battere riducendosi a vivere di contrazioni passive, ossigenate dal rimorso di susseguirsi incessantemente. Il narrato è duro, le frasi brevi e concise; le descrizioni degli ambienti, sporchi e disordinati, rispecchiano lo stato d'animo della protagonista, facendo vedere al lettore quanto misera sia la sua esistenza interiore, quanto poco rispetto abbia per la propria vita e per il proprio futuro. La storia con Wen la disgusta, eppure non ne può fare a meno, quasi cercasse in lui la giusta punizione per non essere in grado di avere una vita normale insieme ad una madre che egoisticamente ha smesso di essere tale, negando così a sua figlia ogni gioia, dimenticandosi di lei e di quanto ha sofferto nel sperare in un suo lucido ritorno. 

                                                       

"Io sono quella col naso grande e i capelli lunghi neri, la carnagione chiarissima, no, più a destra, dico quella con la frangia e gli occhi verdi, mi vedete o no? Quella che sta guardando dentro il cassonetto, si, proprio quella. Altro che storia della mia vita, la mia vita non ce l'ha una storia, di certo una storta, ma una storia proprio no. La mia vita al posto della storia ha crateri profondi pieni di sabbia, come quelli che ci sono sulla Luna, quelli che da piccola ti sembrano occhi naso e bocca"

"Sverginai il velluto facendone sue toppe tonde che cucii sul vestito rosa stretto sul seno, all'altezza dei capezzoli. Poi tagliai a strisce verticali la stoffa arabescata e cominciai a infliggere grate grigie e verdi ai petti slabbrati degli scamiciati di lana. Quando ormai era sera presi la salopette e le somministrai un morbillo di tela a pois rossi, sparso qua e là tra le pince del seno e il cavallo dei pantaloni. Poi in un impeto di idiosincrasia le iniettai una grossa peonia proprio in mezzo alle gambe"

"Venerdì quattro gennaio duemilaeotto mi ritrovai sul palmo la scritta che diceva "Falle la doccia domani", e allora l'indomani decisi che il giorno dopo avrei deciso che il giorno seguente avrei spinto mia madre sotto la doccia"

"La pioggia aumentava e venivano i fulmini e i tuoni e insomma qualsiasi cosa ti venga in mente. Dilla e basta. Di' lampi accecanti come fari sul palcoscenico della mia vita schifosa. Di' piaga delle locuste. Di' pioggia di cianuro. Di' che mi scriverai sulla lapide "Doveva morire prima"

Claudia Mameli
                                                               

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